Workshop 04 – 2016
Forme in condivisione. Comunità migranti e Comunità locali
Migranti, Profughi e Richiedenti Asilo sono i nomi comuni con cui identifichiamo fiumi di persone in fuga dai propri paesi e in cerca di una terra di accoglienza. Ma non arrivano solo persone. Mari e terre sono attraversati da storie, memorie e conoscenze altre tenute strette nell’anima, nella mente e spesso nelle mani di queste persone, diventando a loro volta Migranti, Profughe e Richiedenti Asilo. Questa identificazione può portare ancora oggi a forme di esclusione o può in opposizione offrirci inattese occasioni d’incontro e di meticciamento, attraverso un dialogo e l’inclusione di nuovi occhi: i loro. Tracciare un nuovo viaggio partendo dalla loro memoria attraverso l’uso di forme, colori ed oggetti nella ricerca di una lingua comune, ci potrebbe offrire un punto di incontro per leggere non solo il disagio di queste persone ma la loro diversità percepita come ricchezza culturale. Un semplice oggetto può avere una valenza emblematica molto forte in quanto è la materializzazione di riti e culture e quindi veicolo per raccontare memorie e per la creazione di un materialismo capace di istruire e offrire storie. Storie di un incontro tra figure complementari, designer e migranti, nato per imparare a conoscere e far conoscere l’altro in forma di oggetti che si interrogano sui mutamenti in atto e sull’importanza di scoprire una società basata su inclusione, partecipazione e comunità. Oggetti come tracce di viaggio inedite, per costruire legami sociali e per avere nuovi occhi.
Biografia
Con una laurea di primo livello e una magistrale in disegno industriale del prodotto, la mia esperienza lavorativa si sviluppa nel campo della cooperazione, della formazione e dell’educazione, prendendo parte a progetti riguardanti lo sviluppo del settore artigianale come punto di partenza per ipotizzare diverse e nuove reti di relazioni sociali.
Dal 2005 ad oggi mi sono riscontrata con le realtà produttive artigianali del Brasile, Marocco, Rwanda, Tunisia, Uganda e Italia. Prima come studente, poi come ricercatrice e professionista, ho lavorato con diversi stakeholders come Università, Club, Organizzazioni e Cooperative.
Il filo che unisce tutte le mie esperienze è l’idea di un ruolo strategico del design come possibile strumento per il recupero e la riqualificazione del patrimonio artigianale, nell’ ottica di una cooperazione internazionale capace di creare nuovi flussi sia commerciali che culturali a livello locale e globale.